La scorsa settimana ho lavorato senza pause, è stato faticoso ma anche produttivo quindi ne è valsa la pena andare in ufficio anche per dieci ore. Più ci addentriamo nella fase due e più mi ritorna in mente la fase uno. Le macchine si sono riappropriate della città e l'aria non è più così pura come durante il lockdown. Le belle giornate continuano ma il cielo si è fatto grigiastro con i gas di scarico a coprire tutti i profumi della fioritura di primavera. Ricordo che al mattino mi svegliava il cinguettio degli uccellini, oggi hanno ricominciato a darmi la sveglia i clacson di chi affronta il traffico per andare al lavoro. Quando "il mio" di lavoro si prende una parte del mio sistema nervoso e costringe il cervello ad entrare in una fase di stress ripeto sempre una frase: perché non arriva una tempesta tropicale tipo quelle che si vedono al telegiornale negli Stati Uniti? Perché non nevica come negli anni '80 fino a sommergerci e costringerci a casa a consumare provviste? L'isolamento forzato non mi faceva paura pensando a tutto il tempo che avrei potuto trascorrere con mia moglie e con Lola, dedicarmi a miei hobbies oppure semplicemente riposarmi. Per questo i primi giorni di quarantena ero felice di questa sosta forzata, continuavo a pensare che ci avrebbe fatto bene pensare a rallentare i ritmi e riprenderci le nostre vite. Poi quando realizzavo che la colonna sonora fuori dalle finestre era monotono, scandita solo dal suono delle ambulanze che correvano verso l'ospedale San Gerardo una dopo l'altra, mi immergevo completamente nel dramma che stavamo vivendo. La sera quando ci collegavamo via Skype per parlare con la famiglia di Viviana bloccata nei loro appartamenti sul lago mi assaliva un senso di tristezza incontrollabile, nostalgia e malinconia si fondevano insieme stringendomi il cuore, pensavo spesso ai miei genitori che non ci sono più e a quanto mi mancano ogni giorno. In questi momenti di grande difficoltà emotiva cercavo di limitare il più possibile la visione dei telegiornali e provavo a trovare in mia moglie il conforto di cui necessitavo per stare meglio. Nonostante sia stata molto impegnata a lavorare in smart working con sollecitazioni anche superiori a quanto faccia giornalmente in ufficio, devo ringraziare Vivi per la pazienza che ha dimostrato nel sopportare i miei frequenti cambi di umore. Tra una call che dura ore e una riunione con i colleghi lunga un'intera giornata l'immagine che ho avuto al mio fianco è spesso stata questa che incollo sotto. In questi giorni in cui io devo lavorare in ufficio e lei opera ancora da casa è tornata al lago, credo che l'immagine sia ancora attuale.
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